Categoria: Valori di DAIMON

  • Comunicazione Autentica

    Comunicazione Autentica

    Comunicare è alla base del nostro vivere, perché è il linguaggio e il sentire delle relazioni. E senza l’essere in relazione non credo che potrebbe esistere la vita per come la conosciamo. Coinvolge così tante cose che è difficile decidere da dove iniziare.

    C’è la voce naturalmente, lo sguardo, l’emozione, l’intenzione, il non-detto, lo stato d’animo, la relazione, i ruoli, la cultura, gli schemi mentali, l’intuizione, l’ascolto, il silenzio, le pause e potremmo andare avanti.

    Quando comunichiamo con un amico lo facciamo in modo diverso rispetto a quando comunichiamo con i suoi genitori, ad esempio. Se siete stati qualche giorno all’estero in vacanza, in genere comunichiamo in modo molto diverso rispetto a quando siamo nelle abitudini di casa nostra. E ancora, una persona di nazionalità giapponese comunica molto diversamente da noi europei e non parlo della lingua in senso stretto, ma della cultura.

    Ho fatto questi esempi per dare un contesto più ricco al senso del comunicare, così credo risulti evidente per tutti che comunicare non è solo parlare, dire qualcosa a qualcuno. Faccio un altro esempio, una scolaresca ha un’ora buca e inizia a schiamazzare e tirare palline di carta, a un certo punto il preside entra in aula, fa un solo passo dentro l’aula e non parla, rimane lì fermo, in piedi. Tutti i ragazzi si calmano, ci sarà quello che si ravvederà per ultimo, rischiando più di tutti, ma a un certo punto torna la quiete. Il preside esce. Ha comunicato e non ha usato la voce.

    Forse cominciamo a comprendere perché lavorare – allenarsi – sulla comunicazione può migliorare il nostro vivere, sia personale che lavorativo. Ma perché autentica?

    Faccio un altro esempio di vita vissuta. Anni fa sono andato in un centro Dharma a imparare la meditazione di Vipassana, 10 giorni in cui non puoi parlare per almeno 8, ti svegli mediti, fai pausa mediti, mangi, mediti, fai una passeggiata, mediti, fai pausa, mediti, ascolti il discorso del maestro, vai a letto, il giorno dopo ripeti. Non potendo parlare, quando entravamo nel tempio per meditare, ognuno faceva attenzione al suo posto, agli altri, alle sue coperte, si sedeva e via… dentro e fuori dai pensieri. Il nono giorno, per riaccompagnarci alla vita normale, in tarda mattina ci hanno permesso di tornare alla parola. Così nella meditazione del pomeriggio una persona della fila dietro sedendosi, ha chiesto a chi gli era davanti se ci stava o se doveva spostarsi. Ora seguitemi, se per otto giorni, sedendosi non ha mai avuto l’esigenza o potuto porre questa domanda, e non è mai servito porla al fine della meditazione, quella domanda nasceva e corrispondeva a un’esigenza onesta, oppure nasceva da un’esigenza distorta? O da un’abitudine? Sapete perché per imparare la meditazione di Vipassana chiedono di non parlare? Perché quando parliamo mentiamo. E non parlo di quelle bugie consapevoli più o meno cattive o innocenti, ma di quelle che non ci accorgiamo di dire, come nell’esempio sopra. Di quelle parole e di quella comunicazione che non risuona con la nostra essenza, e ne siamo ignari. Finché non iniziamo a osservarci e scoprirci.

    La comunicazione autentica lavora su ogni aspetto della persona, per andare a riarmonizzare il sentire, e la connessione, nell’intento di ricollegarci con la nostra essenza e di far corrispondere, il più possibile, i pensieri e le parole al nostro sentire autentico.

    Quali sono i vantaggi? Meno stress, meno pesi, meno fatica. Riusciremo ad essere più fluidi ed efficaci, ma sapremo anche goderci appieno le pause e i momenti di riposo. Vedremo più dettagli, potremo sentire meglio le nostre intuizioni, migliorerà il nostro ascolto e anche la capacità di farci comprendere dagli altri. Sarà più facile capire quando il nostro capo ci dice, “non preoccuparti a breve verrai ricompensato”, ma quella ricompensa non arriverà mai. Oppure riconoscere quando una persona è scortese con noi, ma solo perché in difficoltà.

    La comunicazione autentica ci aiuta a trovare quell’equilibrio tra la consapevolezza interiore e il valore negli altri, oltre ogni possibile giudizio. E saremo in grado di trasformare le aspettative in direzioni possibili, da lasciare andare non appena non ci appartengono più.

    Quando diventiamo talmente curiosi da allenarci tutti i giorni, per continuare a scoprire nuove parti di noi, ci verrà in mente la frase di Socrate “Io so di non sapere“, perché intuiremo che non si finirà mai di crescere e di scendere in profondità.

    Ma è uno degli strumenti più belli e profondi della cassetta degli attrezzi dello “Star Bene”, soprattutto quando si inizia a padroneggiarlo un po’.

    A DAIMON è possibile seguire il percorso di gruppo che si chiama proprio “Comunicazione Autentica“. Ha molti elementi del Teatro, della Vocalità, dell’espressione Corporea, ma anche dell’integrazione con le Energie Sottili e Invisibili che ci circondano e attraversano.

  • Star Bene

    Star Bene

    Chi di noi non desidera Star Bene, vero?

    Eppure a un certo punto della mia vita mi son reso conto che le azioni che agivo non erano coerenti con il desiderio di voler Star Bene. E non perché gli eventi esterni fossero avversi, anche se a volte lo erano, ma perché le miei priorità non davano la precedenza alla volontà di Star Bene.

    Ho dovuto allenare l’osservatore, il mio occhio esterno, e fare qualche passo per allontanarmi da me, e così ho potuto notare che dicevo di voler Star Bene, ma facevo di tutto e di più per andare nella direzione opposta. Ripetevo gli stessi schemi, usavo parole non gentili nei miei confronti, mi identificavo con emozioni logoranti, e così via.

    E non è stato facile stanarmi, perché ero in grado di stare per conto mio ed ero convinto di essere una di quelle persone capaci di Star Bene da sole. Invece essere in grado di passare del tempo senza vedere nessuno, non era sinonimo di Star Bene da soli, perché rimanevano i pensieri che mi logoravano, perché ero ancora dentro ai miei schemi che non nutrivano in modo sano le mie energie.

    A destarmi da questo torpore è stato inizialmente il teatro, soprattutto insegnare teatro. Abitare la scena come attore, ma ancora di più abitare l’aula come conduttore/regista mi ha costretto a dare ancora più spazio al mio osservatore e a riconoscermi nelle difficoltà dei miei allievi. Ogni volta che davo dei suggerimenti per entrare e trasformare una difficoltà, dovevo sforzarmi di cercare a mia volta e prima di tutti, una soluzione e per farlo dovevo allontanarmi dai miei schemi. E mentre gli allievi scoprivano nuove modalità, insegnavano a me quelle stesse modalità. E ho iniziato a vedere come la scena e il vivere fossero strettamente collegati. E più diventavo consapevole della scena e degli strumenti teatrali, più desideravo ritrovarli nel mio quotidiano.

    C’era però una differenza sostanziale che all’inizio mi metteva in difficoltà: in teatro, pur agendo azioni diverse, anche in contrasto tra loro, viviamo la scena per un obiettivo comune; nella vita, al contrario, possiamo avere obiettivi diversi, e il lavoro di osservazione, distacco, ascolto e azione pur rimanendo analogo, differisce significativamente.

    Un esempio semplice: se devo fare la scena dell’Amleto in cui alla fine muoiono tutti tranne Orazio, io come attore (ma anche come regista), avrò l’obiettivo di morire insieme agli altri (o di osservare inerme che tutti muoiono, se sono Orazio). Se questo dovesse accadere nella vita, invece, probabilmente scapperei fuori dalla scena, per sopravvivere.

    Ma un cosa era sostanzialmente uguale, l’onestà di rimanere in ascolto e in relazione – connessi – per riuscire ad agire la scena, o la vita, stando bene con se stessi.

    E questo Star Bene ha iniziato ad essere per me una priorità e mentre attraversavo il teatro, il teatrodanza, il canto, la meditazione, la scrittura, i trattamenti spirituali… riportavo tutto al desiderio di trovare un equilibrio consapevole tra il mio sentire autentico e l’agire senza giudizio. E questo equilibrio mi permette di sentirmi Star Bene anche quando si presentano sfide e difficoltà importanti. Non sempre riesco o ne sono in grado, ma sapere che ci sono, che ho degli strumenti adatti e di valore, mi permette di crescere sempre di più in questo mio intento.

    È un po’ come avere la cassetta degli attrezzi a casa per fare i lavoretti di manutenzione. A volte non ci riusciamo o non ci riusciamo subito, ma più ci impegniamo e più miglioriamo. Ma non potremmo mai riuscirci senza quella cassetta degli attrezzi, sappiamo di doverci attingere, ogni volta. Ecco la mia esperienza e ricerca degli strumenti per Star Bene mi ha permesso di creare varie cassette degli attrezzi, una per me e una per ogni allievo che mi ha dato fiducia. Perché ognuno di noi ha la sua modalità, i suoi desideri e le sue priorità. E perché man mano che ci personalizziamo lo Star Bene, personalizziamo anche la cassetta.

    A volte mi chiedo “Voglio avere ragione, o voglio essere felice?” questo è già un piccolo, ma potente, strumento da avere sempre in cassetta. Sempre che la nostra priorità sia lo Star Bene, se invece è l’avere ragione, allora non sarà lo strumento adatto a noi. Ne dovremo pescare un altro.

    Ad esempio, un altro strumento potente e semplice (che non significa facile) è il tenere a mente il desiderio di Star Bene, viverlo con priorità. Ogni tanto durante la giornata ricordarselo anche: “Star Bene” e adeguare le proprie scelte, le parole, i pensieri a quella priorità. Scoprirai che all’inizio continuerai a scordarlo. Ma intanto, se vuoi, prova a farlo per un’ora, poi un giorno e poi per due, e poi per una settimana, ed è probabile che ti capitino più coincidenze di quanto ti accada di solito. Coincidenze coerenti e in linea con il tuo significato di Star Bene. Se così fosse avresti scalfito un primo livello per scendere in profondità.

    Non ti resta che sperimentare, se vuoi.

    A presto,
    Marco P.

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