Viaggiare

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Viaggiare.

Per me, per anni, ha corrisposto ad un’attività riservata a pochi, o comunque a chi poteva. Ed io non ero tra quelli. Non mi ci sentivo. 

Poi ho iniziato a esplorare il mondo vicino, con i limiti che le finanze mi chiedevano. Ma libero di creare il mio itinerario, di decidere all’ultimo, di meravigliarmi. E il viaggio non è più stato di chi se lo poteva permettere, ma di chi se lo concedeva. 

Nel tempo ho percorso distanze sempre maggiori, a volte in solitaria, a volte in compagnia. E mai il valore dell’esperienza è stato legato al budget o al lusso che potevo raggiungere. Piuttosto al valore o alle restrizioni che personalmente ho percepito o di cui mi sono convinto. E il viaggio ha preso la forma di un cammino. 

Sono stato fortunato fin qua, perché dentro alle esperienze, il più delle volte, ho percepito il bello. E quando non è stato così, il brutto mi ha aiutato a crescere. Magari non subito, spesso non subito, ma a un certo punto, a volte anche a distanza di anni, l’ombra del brutto ha evidenziato il valore del bello. Di allora, o di una trasformazione, o di adesso. 

Questo ha portato il mio sentire a sapere che anche quando non sento il bello, non sono a mio agio, mi sale un fastidio, o addirittura la rabbia e così via, va bene. Posso permettermi di essere sbagliato, non corrisposto, diverso. 

E nel tempo scopro come questo sentire cambi e faccia evolvere il bello intorno a me. Cambio nel mio parlare, nel mio pensare, nel mio agire, nel mio esistere. 

Mi riconnetto anche, a qualcosa di più grande, che corrisponde al mio essere piccolo e che ritrovo nell’agire dello spirito. 

E il viaggio diventa vivere, la vita, il mio divenire. 

Marco

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